Le figlie del generale-Mimoza Hysa

<<Cos’era quel tempo, Martina? Un tempo in cui le persone sparivano come branchi di pecore, e ognuno doveva rispettare le leggi del suo branco, senza mischiarsi con quelli opposti, neutrali o dubbiosi? Per una natura curiosa come la mia, questo significava mettere i bastoni tra le ruote alle cose nuove, tendere un’imboscata all’ignoto e dirigersi alla mangiatoia, masticando sempre lo stesso cibo, di cui conosci bene il sapore. Io non ero nata per rimanere nella mangiatoia>> (p. 94).

Martina e Marsina sono due sorelle, gemelle, figlie di un alto militare albanese negli anni della dittatura comunista di Enver Hoxha. <<Nate dallo stesso ovulo>>, non potrebbero in realtà essere più diverse tra di loro: mentre Martina è ponderata, razionale e equilibrata, Marsina è invece libera, spregiudicata e passionale. Due caratteri agli antipodi che non trovano nessun punto di incontro. Il rapporto tra le due è, infatti, caratterizzato da un eterno scontro che si palesa anche negli affetti con i due uomini più importanti della loro vita: il padre e Jeton. Il primo, un uomo autoritario, figlio del regime, adorato e venerato da Martina (che a sua volta è dal genitore totalmente ricambiata) e Jeton, giovane di cui entrambe le ragazze si innamorano -e delle quali, in maniera differente, è egli stesso innamorato- che, purtroppo, appartiene a una famiglia macchiata, la cui comparsa non fa altro che frammentare un rapporto già labile e destinato a disgregarsi.
<<Il generale ci ha separate. Lui era il nostro idolo. Quando siamo nate abbiamo trovato lui come generale, in cima alla cupola. Non avevamo altra scelta. Tutti insistevano per incontrarlo e per averlo accanto. Noi ce l’avevamo in casa. La sua scelta separava il nostro mondo. Io ci ho provato, Martina, a diventare degna. Ma era già occupato il posto di merito: eri tu, ovunque. Per questo ho lasciato perdere la perfezione a modo suo e ho scelto di vivere a modo mio. È rimasta a te la perfezione.. Per fortuna, a me era rimasta nostra madre. Anche se non era il pilastro della casa. Silenziosa, quasi invisibile. Noi vi adoravamo. E ci sembrava di essere di troppo e insignificanti. Non sarei arrivata alla tua gloria, Martina, per questo ho cercato l’amore nei ragazzi. Dopotutto, la vita è interamente una ricerca dell’amore>> (p.21).

<<Jeton ci ha separate. Forse noi siamo sempre state separate, ma la conoscenza con Jeton ha reso visibile il nostro abisso. Una separazione netta, senza più ritorno>> (p.33).

Il romanzo è Le figlie del generale di Mimoza Hysa, scrittrice e pluripremiata traduttrice molto apprezzata in Albania, pubblicato dalla casa editrice Besa Muci e tradotto in italiano da Durim ed Esi Taci. La scrittura dell’autrice è chiara e lineare, le sue parole sono in grado di catapultare il lettore dentro la vita delle due protagoniste e nella storia di quegli anni. Capitolo dopo capitolo si alternano le voci delle due sorelle che narrano le vicende della loro comune vita da punti di vista, però, diametralmente opposti.

<<Fino a quel momento noi avevamo uno schema di vita ben chiaro e ogni mossa veniva fatta come su scacchiera. Non si poteva giocare a quel gioco senza rispettarne le regole. Quando il gioco è cambiato, sono cambiate anche le regole, ma noi fino a quel momento avevamo giocato a scacchi, Marsi, e lì devi sempre stare attento che non ti facciano scacco matto. Io ho sempre saputo giocare a scacchi. Tu non hai mai imparato un gioco con delle regole>> (p. 105).

La narrazione è ambientata nell’Albania del regime comunista, un periodo durato oltre 40 anni. E anche se Hysa racconta di dittatura, pur non nominandola mai, riga dopo riga dalle sue parole traspaiono tutta la durezza e le illusioni di quella lunga era che ha profondamente caratterizzato la storia (e conseguentemente segnato il futuro) del Paese. La dittatura e tutto ciò che ne è conseguito -dispotismo, intromissioni, sparizioni di persone, distruzioni di famiglie-, infatti, è onnipresente nel testo e determina i legami tra le protagoniste del romanzo e gli altri personaggi che ruotano intorno.

<<È possibile che nostro padre ha avuto un aiuto invisibile durante tutto questo tempo, quando non si sapeva come e perché scomparissero gli amici attorno a lui? Quando non si sapeva come e perché aumentassero i nemici. Una volta ho pensato che i nemici crescessero come me, Martina. Anche io potenzialmente avrei potuto essere un nemico, perché non facevo quello che avrei dovuto fare, non non facevo come te e il generale non mi mettevo in fila. Solamente in fila l’uomo era protetto, perché non ti succedeva niente, quando eri un numero come gli altri nell’unità militare, quando non facevi distinzione e cambiavi la direzione del movimento. Si può dire che quelli che hanno avuto qualche pecca non hanno fatto altro che amare senza permesso? Non sarebbe stato così facile, ma allora la pensavo anche così, Martina. La verità non potremo mai conoscerla fino in fondo, ma, almeno, io la stavo assaporando. Mentre tu avevi la tua versione, irremovibile. Quella proclama da tutti. Sostenuta anche da te>> (p. 174).
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